
1585 (Parte 1)
Non so cosa pensiate voi della professione dell’orologiaio. C’è chi lo ammira incondizionatamente e, al contrario, chi lo considera solo un mestiere come tanti.
L’evoluzione della figura del tecnico orologiaio è lunga e affascinante e mi riservo di farne un articolo apposito. Oggi c’è molta più informazione e molti sanno che un buon orologiaio è una persona che ha fatto studi specifici, che ha dovuto fare molta “gavetta” e, se dimostrerà di avere i requisiti necessari, potrà finalmente dedicarsi agli oggetti che tanto ammiriamo.
Come in tutti i campi ci sono i tecnici, buoni tecnici, grandi tecnici e, per nostra fortuna, i grandi talenti. Coloro che risolvono, reinventano, creano, insomma alzano sempre di più “l’asticella”.
Ma quale era lo stato dell’orologeria verso la fine del 1500?
Possiamo dire che attraversava un buon periodo. Aveva raggiunto una grande maturità per quello che riguarda gli orologi astronomici, che erano la maggior parte delle realizzazioni. Orologi da banco, da appoggio, grandi, con casse spesso molto elaborate e che fornivano svariate informazioni oltre a indicare l’ora. Macchine molto complesse ma, per quello che riguarda la cronometria, ancora decisamente grezze. Oggetti molto complicati, ma anche imprecisi se paragonati a quelli attuali. La grande rivoluzione del pendolo avverrà circa cinquant’anni dopo.
Cominciavano anche a diffondersi gli orologi da portare addosso. Nonostante la scarsa precisione era importante indossarli, possederli, ostentarli. Regnanti, principi, nobili, autorità mostravano la loro ricchezza e il loro gusto anche attraverso l’orologio. Appeso a una catena spesso d’oro, tenuto in una sacca appesa alla cintura, o in una scarsella bisognava possederne uno. Le forme principali erano la palla, l’ovale, la “tamburina”. Piano piano nascono anche molte altre varianti, a croce (ovviamente molto apprezzata dagli alti prelati), a teschio, a forma di animali solo per citarne alcune, la fantasia scatena la creatività dei cassai.


In questo periodo nascono le prime corporazioni. Nel 1543 in Bassa Sassonia, nel 1544 a Parigi. Orgoglio del proprio lavoro, voglia di distaccarsi dall’opera degli orafi, dei costruttori di serrature, dagli artigiani che fondevano i cannoni, in generale dai fabbri (che invece continueranno a produrre i grandi movimenti da torre, spesso però aiutati da un orologiaio).
Gli orologi non sono precisi, ma sono ricchi, preziosi, a volte opulenti. Sono oggetti ”per la vista” più che per l’esatta misurazione del tempo. Con le conoscenze dell’epoca era quasi impossibile fare meglio. Comparivano i primi fusi o conoidi per migliorare la distribuzione della forza motrice, per regolare la diversa spinta della molla. Come accennato prima, solo l’introduzione del pendolo per gli orologi di grandi dimensioni e il bilanciere/spirale per quelli di piccole dimensioni, faranno il grande salto qualitativo.
Svolgere la professione di orologiaio era difficile. Prima bisognava andare “a bottega” da un maestro. Poi solo dopo un severissimo esame si poteva esercitare la professione. Ci voleva studio, dedizione, pazienza ma anche un buon capitale per poter aprire il proprio laboratorio. Era più facile diventare un lavorante presso qualcuno o, per i più fortunati, sposare una figlia del capo o la sua vedova.
Ci volevano comunque anni prima di riuscire ad avere un proprio “atelier”. Devo ricordarvi che all’epoca la maggior parte degli utensili e delle prime “macchine”, dovevano essere costruite direttamente. Da alcuni inventari sappiamo che c’erano: martelli, incudini, piccoli torni a mano, trapani, scalpelli, il necessario per saldare, compassi, righe, cesoie, una piastra su cui erano segnati i punti guida per intagliare le ruote dentate, solo per nominare i principali. Di ogni attrezzo parecchi esemplari, talvolta moltissimi. In un caso, forse estremo, sono state conteggiate ben 248 lime, di ogni tipo, misura, “grana” adatte per ogni occasione.


In questi anni la vita culturale, sempre per un ristrettissimo numero di fortunati, era molto attiva e vi operavano artisti divenuti leggendari, da Shakespeare a Cervantes, da Orlando di Lasso a Giovanni Gabrielli, da Torquato Tasso a Caravaggio solo per citarne alcuni. Per i più fortunati la cultura di quel periodo era molto raffinata e in più la stampa aveva permesso una circolazione più veloce e, soprattutto, economica delle informazioni, del sapere.